Repubblicanomade1

Una Repubblica nomade sempre in cammino


 

 

Ciao Repubblica Nomade!

Mi rivolgo a voi come gruppo più che al singolo, perchè il vostro è proprio un progetto collettivo.

Ci siamo conosciuti già al Social Trekking di Firenze,  poi è diventata un occasione ricorrente quella di presentare i vostri prossimi cammini  proprio durante il Social Trekking.

Voi che ricordi avete di questi eventi?

R.N. Il rapporto di amicizia e di stima reciproca con Walden e il Social Trekking ormai comincia ad essere di lunga data!

Abbiamo sempre ricevuto con estremo piacere l’invito a partecipare a questa manifestazione che, oltre ad essere una bella opportunità per far conoscere la nostra associazione, offre nuove chiavi di lettura e conoscenza su temi come territorio, cammino e comunicazione. E poi ci piace molto partecipare anche e perché è sempre una festa in cui incontrare nuovi e vecchi amici!

Come vi è venuto in mente di fare la Repubblica Nomade?

L’idea di una “Repubblica Nomade” ha preso forma, passo dopo passo, durante i nostri cammini: c’è stata una sorta di presa di coscienza, sancita con l’ufficiale fondazione dell’associazione nel 2014, di quello che eravamo, stando insieme: una Repubblica, perché le persone che scelgono di farne parte, o di attraversare questo “sogno in movimento”, trovano un posto e un ruolo, naturalmente, in funzione delle proprie abilità e Nomade perché il nomadismo diventa prefigurazione di un diverso modo di vivere e di stare al mondo.

http://www.repubblicanomade.org/chi-siamo/

Quale è stato il più “forte” cammino che avete fatto?

R.N. Difficile dire, ogni cammino assume una valenza diversa ed un’importanza che ha un portato personale e uno comune: ci sono gli ideali che mettono in movimento i passi di tutti, ma c’è anche come ognuno di noi sente l’esperienza, c’è quello che scaturisce dalla relazione tra noi camminatori e c’è il continuo misurarsi con quello che incontriamo, tra territorio e umanità.

Noi vorremmo che il cammino più forte fosse, sempre e comunque, il prossimo, perché, come scrive Antonio Moresco: “Noi siamo sempre in bilico, siamo sempre sul punto di inciampare e cadere. Per questo riusciamo a spostarci sempre in avanti, sbilanciati e inventati, sempre in bilico tra la più dura e cruda realtà e il sogno. Perché è proprio dell’impossibile che c’è bisogno oggi, perché abbiamo visto dove ci ha portato il possibile, quello che ci viene detto essere il solo possibile. (…)Ecco, così bisognerebbe vivere, in ogni campo: stare nell’impossibile e renderlo possibile, sfondare lo specchio, essere a nostra volta ferita, creare contaminazione, contagio, arrivare da un’altra parte e parlare un altro linguaggio, rompere le gabbie dove siamo imprigionati e dove è imprigionato il mondo, il linguaggio e la struttura concettuale del mondo, vedere quello che abbiamo sotto gli occhi come non lo abbiamo mai visto, abbassarci, sporcarci, per innalzarci e pulirci, non avere paura dell’invenzione, della poesia, della trasfigurazione e del sogno.”

L’incontro più bello avuto in cammino? So che è difficile…

R.N. Ce ne sarebbero così tanti da raccontare, commoventi, divertenti, illuminanti: in questi 6 anni, centinaia di camminatori hanno incrociato le loro vite con altrettante storie, realtà, persone.

Per citarne uno, successo nel cammino di quest’anno in Bosnia: durante una delle tappe ci siamo fermati in un prato lungo il sentiero per la pausa pranzo; una donna che abitava nella casa accanto ci ha notato ed è immediatamente uscita di casa portandoci una dozzina di uova sode, per poi rientrare per portarci del pane, poi del formaggio, poi dell’altro formaggio ancora. In pratica ha sfamato tutto il gruppo, ed eravamo in tanti, e non ha voluto assolutamente nulla in cambio, sebbene vivesse in una casa più che modesta. Al problema di comunicazione dato dalla differenza di lingua si aggiunge il fatto che la signora era sordomuta; a gesti è riuscita però a farci capire che il suo problema era stato causato da un trauma subito durante la guerra e con la sua ospitalità a comunicarci tanto tanto altro… A volte davvero le parole non servono!

Siete appena tornati dal vostro ultimo viaggio a piedi che da Trieste vi ha portato fino a Sarajevo, cosa vi ha dato?

R.N. Ancora citando le parole di Antonio Moresco: “Abbiamo toccato con mano lo spopolamento dei territori, da dove molti se ne sono andati per trovare lavoro nel resto dell’Europa, ma anche il coraggio di quelli che sono rimasti o che sono tornati per dare una nuova chance ai propri Paesi, in campo professionale, sociale, artistico, sempre in bilico tra il dovere di ricordare e testimoniare quanto è successo e quello di dimenticare per poter ripartire. (…)

Ci siamo incontrati con associazioni e gruppi che ci hanno raccontato quanto è successo in questo punto cruciale dell’Europa e che hanno trasformato questo cammino in un cammino anche di conoscenza. Perché il vero cuore dell’Europa non è nelle sue grandi capitali economiche e finanziarie, nelle grandi metropoli dove hanno sede i suoi parlamenti asserviti, le sue holding, le sue borse piene di uomini forsennati e in preda a questo planetario suicidio di specie o nelle modernissime e arcaiche cerchie deliranti e fanatizzate annidate nelle sue pieghe e che stanno giocando all’Apocalisse, ma là dove ci sono le sue più profonde ferite e dove può esserci passaggio.”

http://www.repubblicanomade.org/2016/07/15/note-da-sarajevo/

Forse è ancora presto per parlarne, ma il prossimo progetto?

R.N- Del prossimo cammino se ne inizierà a parlare dalle prossime riunioni che faremo, quando ci si ritroverà a settembre. Quello che tenteremo di fare è comunque continuare a “riculminare e inventare ancora”.

Cosa è per voi il social trekking?

R.N. Per noi il social trekking è un modo d’essere: significa attenzione alla realtà sociale, condivisione e comunicazione, di valori ed emozioni, conoscenza, lentezza, incontro, consapevolezza,  sostenibilità ed accoglienza.

 

intervista a cura di Alessandro Vergari

foto messe a disposizione da Repubblica Nomade

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