Firenze

Per le strade di Firenze…o di mille altre città


Un marciapiede se lo osservi è solo una parte rialzata dalla strada, in genere asfaltato anch’esso, in altri casi lastricato.
Se lo guardi bene però, aprendo gli occhi del cuore e dell’anima, forse vedrai qualcosa di diverso da una superficie, un piano da calpestare distrattamente, perso nei pensieri di tutti giorni, rapito dalla bellezza dei palazzi, da una vetrina o distratto dal titolo di un giornale. Potresti vedere i passi nuovi dei bambini per mano ai genitori; piccoli intenti a scoprire il mondo, adesso che lo possono percorrere nel modo più naturale. Vedere la gioia dei due giovani che in quei  passi vedono il futuro e adattano i loro passi di grandi a quelli dei piccini. Vedresti poi i passi frettolosi di una ragazza verso Santa Maria Novella, certa che, al suo arrivo nella stazione caotica, troverà il treno che le riporta il suo uomo, incrociando ignara i passi altrettanto ansiosi di un marito che attende il ritorno della sua compagna.
Vite e i loro passi; milioni di passi lungo strade che narrano la storia di una città antica, con mura che a toccarle, ad ascoltarle, ti narrano storie di guerre e di amori, di speranze e sogni, di sacrifici e rinunce, di glorie e trionfi. Piazze e vicoli, angoli fra le une e gli altri: luci intense, ombre delicate. Piogge viste da sotto un colonnato o dall’androne di un portone; o attraverso i vetri della Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa, leggendo una poesia, distratti dal tuono. Osservare quella commistione fra antico e moderno, un moderno già storia, già assuefatto al passaggio del presente tanto da essere quasi vecchio: le forme antiche del moderno in Borgo San Jacopo, con una scelta per te da fare. Andare verso la maestà solenne di Palazzo Pitti o verso la popolarità del Ponte Vecchio, ingioiellato dalle sue vetrine di orafi, ricche e splendenti e così poco popolane?
Dal ponte osservare lo scorrere lento del fiume, pensando alle parole di Dino Campana e agli invisibili “riflessi tranquilli” che appena frangono gli “archi severi fra sfiorir di fiori”. Che poi di tranquillo l’Arno ha solo lunghi periodi in attesa di quella furia che nei secoli ha divelto ponti, strappato vite, insozzato opere d’arte. E’ un fiume-torrente, placido in apparenza e pronto alla devastazione se la Natura e l’Uomo assommano la forza dell’una con l’incuria dell’altro. Tutto questo mondo rapido e solenne, lento nella Storia e così borghese, lo si apprezza ancor di più dall’alto delle colline a ridosso della città, a pochi scalini, pochi minuti o metri. Là sopra guardi e tutto è bellezza, quiete apparente, uguaglianza fra cittadini e artisti, vigili e turisti, camerieri in giubba rossa e frettolosi viaggiatori distratti. Anche re osservarono da lassù la città presa d’assedio e alle loro trombe il popolo contrappose le campane e li irrise giocando, come se niente fosse, davanti Santa Croce.
Cambiando nomi, scorrere di fiumi, torri o palazzi, ecco altre città, belle e fiere così. Ma sei qui e guardi questa.
Questa è Firenze.
 

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