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Il valore delle cose


 

Qualche giorno fa ero all’Ipercoop per compere. Come al solito c’era una folla selvaggia ed isterica, fatta di persone che si urtavano e si spingevano senza guardarsi neanche in faccia. Un tempo almeno, se qualcuno ti centrava con il carrello, c’era subito una rincorsa di sguardi e, se l’incidente era involontario, ci si scusava; al contrario se la cosa era avvenuta con l’intento di fare male lo sguardo era di sfida e significava: “L’ho fatto a posta: l’hai capito, vero?”.

Oggi invece questi scontri più o meno voluti avvengono non più tra persone, ma tra l’individuo ed il suo punch-ball da shopping.
Di questi tempi infatti le folle non si recano più ai super-mercati con l’intento di fare compere -quello ormai è lo scopo secondario -, ma con l’idea di sfogare la propria carica repressa.

Ed il tutto avviene in una escalation di violenza: si parte dalla bellicosa ricerca del parcheggio -sempre pieno anche al mattino -, condita con improperi e tentativi di investimenti ai danni dei pedoni; continua con la corsa all’accaparramento del carrello, con tanto di gomitate, anche ad altezza volto, per saltare la fila; ed infine termina con l’ingresso trionfale tra i corridoi del supermercato, da dove comincia la ricerca del proprio obiettivo punchball.
Il resto è cosa ben nota.

L’altro giorno ero appunto in questo girone di dannati quando sono stato attratto da alcuni banconi sui quali troneggiava un cartello: “Tutto a un euro”. In vendita vi erano oggetti di ogni genere ed utilità, e tutt’intorno si aggiravano come squali famelici, acquirenti elettrizzati che afferravano con rabbia articoli a ritmo continuo, li guardavano con disgusto e poi li ributtavano con disprezzo nella mischia.

Il tutto avveniva come se a tali oggetti in iper-saldo fosse stato tolto ogni valore e dignità: come se per il fatto che costassero poco, valessero poco: anzi non valessero proprio niente. Improvvisamente sono stato rapito dalla scena da un clangore roboante. Qualche decina di metri più in là c’era un altro bancone con pentolame vario in vendita. Un altro cartello recitava: “Vendita a peso”. Anche in questo caso c’era una gran folla intorno al bancone, ma a differenza della scena precedente che avveniva per lo più in un silenzio irreale, qui il caos era totale: le persone potenzialmente interessate all’acquisto afferravano tegami, pentole, casseruole, le scrutavano con un misto di scetticismo e disgusto -subodorando eventuali fregature -e le scagliavano nuovamente sul bancone, pronte ad afferrare qualche altro oggetto. Il tutto avveniva in un frastuono metallico agghiacciante: sembrava di essere ad un concerto di un percussionista impazzito. Quando la confusione ha raggiunto il parossismo il direttore del supermarket ha abbandonato la sua postazione di comando, si è avvicinato alla scena ed ha esclamato, un tantino adombrato:«Signore, signore: e che cazzo… ehm scusate, volevo dire e che cavolo. Fate piano, vi prego, ci state sfasciando il negozio».L’intervento ha registrato un’efficacia complessiva di tre minuti netti: dopo di che la battaglia è ripresa più virulenta di prima.

A fine giornata si sono contati quattro feriti di cui uno con prognosi riservata. L’arma impropria più utilizzata pare sia stata la padella lionese in ferro.

Luigi Yanez d’Ausilio

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