viale cipressato

“Trekking”? No, grazie…


Non mi piace il Trekking.
Certo mi piace camminare, ma non mi piace chiamare i miei cammini “trekking”. Ovviamente, per forza di cose, dato che oggi è diffusissimo, devo usare questo termine.
A me che faccio questo tipo di vacanze da decenni, prima per piacere, adesso per professione,  questa parola non riesce a non richiamare alla mente tabelle di marcia, dislivelli, occhiate ansiose all’orologio o all’altimetro; al ritorno foto da mostrare agli amici.
Mi sento più affine al “viaggio a piedi”.
Certo, mi piacerebbe pensare a me stesso come a un vero viaggiatore, uno che percorre lo spazio usando anche il moltiplicatore del tempo, mi piacciono i libri di Paolo Rumiz, vorrei andare fermandomi dove mi pare quanto mi pare, dove ogni incontro lo richede.
Non lo posso fare, e allora ripiego sulle mie settimanucce striminzite, dove però, almeno, mi prendo la libertà di guardarmi intorno, di sdraiarmi in terra quando mi pare, di scordarmi anche la macchina fotografica, qualche volta.
Al ritorno poi mi domando spesso se sono in qualche cosa, almeno un pochino, diverso da quando sono partito.
Devo confessare che quasi mai riesco ad essere tanto lucido su me stesso da saper scrutare i cambiamenti nel loro procedere.
Però…. però a posteriori, se mi guardo indietro, mi accorgo che ogni periodo della mia vita lo posso associare , negli ultimi decenni a un viaggio a piedi: cambio di epoca, altro viaggio. Un altro giro di giostra, ha scritto qualcuno molto più saggio di me, ed è una bellissima immagine.
Sono un amante delle carte geografiche, sulle quali, con il dito ho fatto innumerevoli viaggi, spinto negli anni dalle curiosità più diverse. Fare la guida mi ha dato solo molto parzialmente modo di percorrerne qualcuno. Ecco, vorrei percorrere la mia vita di guida calcando con i piedi le passioni che sono stato, fare con / raccontare agli altri il viaggio dei ventisei anni, poi quello dei trentuno, dei trentacinque, dei quarantadue….
Ecco perché non mi piace il “trekking”.
Ho sentito dire che la parola in inglese non esiste,  è di origine sudafricana, i coloni boeri chiamavano “trek” il procedere a piedi seguendo le tracce del carro trainato davanti a loro.
Non volendo colonizzare niente e nessuno, mi prendo la libertà di non seguire tracce, né del carro, né dell’orologio, né dell’altimetro.
Mi piace avere al massimo un punto d’arrivo, non un’obiettivo.
Non faccio sport, cammino, anche se poi a ben vedere,  la parola “sport” non è altro che l’anglosassone del nostro ”diporto”, parola che porta con se connotazioni assai poco austere e del tutto estranee al “challenge”, che agli anglosassoni piace tanto.
Pierluigi Cosola
 

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