stelleorsa

“VAGHE STELLE DELL’ORSA”, UN TREKKING PARTICOLARE


Camminare alla scoperta della vaga e incerta costellazione fatta di relazioni, piccole realtà economiche, culturali, sociali e cooperativistiche del territorio: a questo fa riferimento la citazione leopardiana “VAGHE STELLE DELL’ORSA”, che dà il nome al trekking di ricerca territoriale svoltosi all’inizio di maggio nella provincia di Vicenza. L’iniziativa è stata organizzata dalla Cooperativa EQuiStiamo, che ci ha inviato la testimonianza che riportiamo qui sotto con piacere.
r.b.

Ecco due giorni che valeva la pena essere vissuti, un rimpianto non aver percorso le strade degli altri due giorni di questo strano evento che ci è piaciuto chiamare trekking territoriale.Siamo partiti il primo maggio in cinquanta bipedi, 4 asini e 3 cani per parlare di uomo acqua storia e lavoro, siamo partiti da un quartiere operaio di fronte ad uno dei colossi della tessitura mondiale , scusate ho saltato l’ex-, la Marzotto situata a Valdagno, in una delle Valli Venete che hanno visto la Rivoluzione Industriale .

Ma  subito i pensieri sono stati portati lontani ai tempi di dame e cavalieri assedi e scavi archeologici, condotti per mano da Guglielmo e la sua voglia di condividere cultura e conoscenza, abbiamo scoperto le decine di castelli che non ci sono più e tutto ciò che si potrebbe cercare ancora. Da lì la via ci ha portato giù tra ruscelli, salamandre e boschi, perchè così sono queste valli tutto attaccato, la contrada con la fabbrica il capriolo con la statale fino ad una delle monte centraline, e sottolineo -ine, che costellano la Valle fatte 100 anni fa, fatte di pietra, fatte bene, tornare a vivere e a produrre vita grazie alla tenacia di camminatori come Paolo , ai suoi sogni e al suo lavoro.

Poi pranzo con Remo e la sua trotticoltura, le sue iridee e le sue lasagne. Qui alcuni ci hanno lasciato altri si sono uniti per salire in vetta al Monte Civillina, luoghi di antiche miniere e misteriosi cristalli, con fonti di acqua arseniosa e tanta tanta storia di guerra, abbiamo scelto la via nascosta , la mulattiera è tornata a vivere al suono degli zoccoli ed i bimbi tra i nidi delle mitragliatrici hanno pure scovato i camosci. Infine il pianoro le trincee il tramonto, le tende da piantare, la pasta di Andrea e Filippo, la grappa di Ilario  i samosa e i pamir pakora di Giargit, che vuol dire regina in punyabi, e anche questa ci è sembrata cucina del territorio.
Poi le stelle oltre le nubi di Francesco e le letture là sopra la Val Leogra, i racconti dei film, dei nonni della guerra la “Granda” che ha stravolto per sempre queste valli queste genti e anche noi sotto sotto. Notte di pioggia vento, e gli asini stanno a guardare.
La mattina di ieri era una mattina da rifugio, qualcuno ha finito i samosa, qualcuno si è incoraggiato con la grappa, Giampaolo ha caricato, sapiente come sempre gli asini, Pierangelo ha abbozzato delle tracce di pensiero e Walter si è strafogato di vegetarian pakora, poi via, cinque minuti tutti zuppi, ore di gioia acquea da condividere.   Avanti lungo la dorsale dei mille confini, dei cimbri, dei roccoli e dei “capitelli”  stupiti dalle bimbe che cavalcavano con noi incuranti del tempo. All’improvviso la salvezza di una contrada , un portico ed il caldo minestrone dell’Alfa, il vino di casa mia le incredibili marmellate e mieli di Enrico, è la cosa che più ha stupito Tera, la nostra studentessa del Maine che è anche l’occhio di questo scritto.
Dura ripartire, dura la vita di queste contrade ora abbandonate e poi il portone che si apre la storia di scultori di secoli fa’, l’ospedale militare ed i suoi agrifogli secolari, la “veciota” che ci aspettava dalla mattina per offrirci l’aranciata ed il chinotto. La discesa insidiosa per i nostri portatori a quattro zampe sulle filladi  quarzifere e una stalla piena di capre che ci accoglie e ci scalda, i formaggi di Alice e Sandro  le difficoltà di cambiare, di rallentare questo mondo. Ultimi passi, una frana , una corda tesa, un sentiero da rifare, anche questo è cammino, anche tornare ha un suo valore, il valore della nostra incredibile fragilità.

Pizza e stanchezza, pizza e tristezza per noi che dobbiamo lasciare il cammino, ma ancora una cosa un film dolce e duro, che parla di “masiere”, menta e  sogni interrotti che possono ripartire , il titolo “Piccola Terra” è già un programma, fuori in piazza a Valli del Pasubio ci aspetta il monumento all’emigrante, all’albergo un tè alla menta e Nadir con il suo sguardo sincero. Noi lasciamo altri prenderanno il nostro posto. Quanti visi, quanti nomi, quante strorie si incontrando sulla strada…l’ultima salutata Gloria. E poi oggi le api, i Singh, la pioggia e la mente che torna lassù dove gli altri stanno ancora camminando… è stato bellissimo.
Michele Maria Franceschi

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