strada cipressi

Il cammino illegale (Racconto breve)


 
La striscia d’asfalto brunastro taglia il verde intenso della vegetazione.  Sono immerso in essa,  insieme ai miei passi. E’ uno stacco netto di colore, di suoni, di odori.
La lingua bituminosa altro non è che la strada provinciale, su cui sfrecciano due e quattro ruote motorizzate. Voglio proseguire verso il mare, e allora non mi resta che attraversare il nastro asfaltato che ho davanti. Così facendo, lascerò alle mie spalle la stradina che dalla collina mi ha condotto sin qui. Dall’altro lato della strada, mi aspetta un rassicurante viottolo costellato da robinie, salici e cipressi. Il flusso delle auto in questo momento è discontinuo. Posso quindi approfittare per allungare il passo e portarmi sull’altra sponda del sentiero. Fatto. Poche decine di metri, costeggiando la provinciale sul bordo della carreggiata. Poi,  potrò di nuovo immergermi tra i colori, gli odori e i suoni della campagna autunnale. A dire il vero, il suono che avverto distintamente accanto a me è quello tipico del motore a scoppio di un’auto. Un’ Alfa o una Bmw, mi sembrerebbe. Anche l’odore non è quello delle cipressacee al quale mi stavo preparando con l’olfatto. Un sentore di motore surriscaldato e benzina mi riempie in breve le narici.
Il verde del sentiero è alla mia destra. Posso distinguerlo senza difficoltà. Con la coda dell’occhio, intravedo però una macchia di colore blu intenso. Un’Alfa dei carabinieri. L’origine dell’effluvio tecnologico di qualche secondo prima.  Sul suo tetto, scorgo che c’è il lampeggiatore inserito, che provoca uno strano riverbero sull’ombra dei miei passi.
«Bene, mi dico». Le forze dell’ordine non si sono dimenticate di tenere sotto controllo anche questa zona remota della provinciale ».
«Certo, ci sono pur sempre gli autovelox che costeggiano la strada in duplice filare, ma l’occhio della “Benemerita” sa vedere però di più e meglio», penso.
Sono quasi giunto in corrispondenza del sentiero da imboccare. Allungo i tre-quattro passi necessari  per immettermi nel viottolo polveroso.
L’auto dei Carabinieri mi supera lentamente continuando a lampeggiare. L’agente accanto al conducente mi fa segno di fermarmi.
«Forse ho esagerato un po’ con l’abbronzatura, quest’estate», penso tra me. Del resto, a prescindere da altre occasioni di abbronzatura, il  camminatore è quasi inevitabile che sia dotato di una prolungata tintarella.
«Magari pensano che sia uno straniero “irregolare” sbarcato a qualche chilometro da qui».
Mi balena questa stravagante ipotesi a giustificazione dell’interessamento delle forze dell’ordine per il sottoscritto.
Naturalmente, è difficile che un clandestino riponga le sue cose in uno zainetto tecnico della Salewa, ma per dei pragmatici “uomini del fare” questi sono dettagli che possono anche sfuggire.
Subito dopo la mia strampalata riflessione sul mio potenziale status di clandestino beccato on the road, mi vengono però in mente quei 3 o 4 strani articoli di legge inseriti nel “Decreto della redenzione” approvato alla chetichella nei primi mesi del 2034. “Disposizioni in materia di circolazione non meccanizzata” era l’intestazione data alla breve ma singolare normativa. Non mi ero preso la briga di approfondire i dettagli di quella legislazione, perchè preso da altre cose a cui pensare. Ma forse non era stata una buona idea glissare su quelle anomale disposizioni di legge prese dal governo nuovo di zecca.
«Buongiorno. Come mai ha deciso di uscire di casa? Fa ancora caldo, anche se siamo a fine ottobre».
«Per camminare», rispondo senza esitazioni quasi in modalità automatica. «Per camminare, ribadisco.
L’agente assume un’aria corrucciata, alla quale fa seguito la sua pronta discesa dalla vettura.
«Camminare, semplicemente camminare? Intende dire che non c’è un motivo particolare che le ha suggerito questa brillante iniziativa?».
«Una boccata d’aria, respirare unn po’ di natura, sciogliermi un po’ la muscolatura. Camminare, cosa c’è di meglio? »
Mi dia i documenti, per favore» mi fa a questo punto l’agente con fare brusco.
Una rapida scorsa alla carta d’identità.
«Bene, diciamo così…E lei e si è preso la briga di uscire a piedi solo per una boccata d’aria, come la chiama lei?»
«Sì».
«Camminare, dice… Non crede che una scelta così particolare come la sua dovrebbe basarsi su qualcosa di più…diciamo…sensato?
«Semplicemente, camminare!», ripeto con un fervore che io stesso trovo esagerato.
«E’ qualcosa che le capita di fare abitualmente, il suo…camminare…? »
«Certo, sono anni che cammino…A volte, il mio microchip personale inserito dopo il “decreto del monitoraggio” segna anche ventimila passi, alla fine della giornata».
L’agente mi guarda senza nascondere il suo crescente nervosismo. «Si rende conto di quello che sta dicendo?»
Penso tra di me che forse non era il caso di esporsi in quella maniera. Mi limito ad allargare le braccia. Il carabiniere non si sforza più di tanto, ormai, per occultare la propria preoccupazione.
«Prendere aria, la natura, quattro passi…mi dice con aria assorta. Ma un impianto di aria condizionata computerizzata, un abbonamento Greensky, una compucyclette ologrammmizzata…Non ha niente di tutto questo a casa? »
«No  rispondo sommessamente. Non ce l’ho ».
«Non ce l’ha», mi fa eco incredulo l’agente.
Il carabiniere rimasto seduto alla guida guarda il collega e decide di scendere anche lui.
«Ma che diamine, l’articolo 37 del Decreto della redenzione per lei è come se non esistesse? »
«Il 37…? No, sono stato all’estero e…Pensavo che ancora ne dovesse essere emanato il regolamento d’attuazione. Mi riservavo  d’approfondire».
«Si riservava…Già…», esclamano all’unisono i due carabinieri. Un perfetto addestramento alla sinergia, penso.
«Sì, approfondire», ribadisco tra lo sconforto e la contraietà sia mia che degli agenti.
«Certo, ci sono cose da approfondire» mi fa uno dei due. Salga in auto, ci deve seguire.
«Seguire? Inche senso? Non mi sembra il caso», replico.
Non nascondo la mia contarietà per l’inaspettato evolversi della conversazione e della situazione.
Nel frattempo, il carabiniere “driver” è risalito in auto e sta parlando nella digitotrasmittente.
Sento una voce gracchiante, con una ricezione disturbata,  provenire dall’interno della vettura.
«Il …bzz…ntro più v…bzz…no di Prevenzione e Terap…bzz… delle patolog…bzzz psichiatric…bzz… più vicin…bzzz…rova…bzz… via Lombroso 22».
«Eccolo l’ l’articolo 27», rifletto amaramente tra di me. Già… La classificazione del camminare “senza giustificato motivo” tra i comportamenti socialmente pericolosi.
Pensare che avevo letto anche il trafiletto di Michele Serra a commento della sconcertante norma. “Qui ci tagliano le gambe” aveva intitolato il direttore di “Repubblica bytes” . Ma avevo salutato il pezzo come una provocatoria esercitazione giornalistica.
Salgo a malincuore sull’Alfa, mi siedo e guardo sconsolato le mie suole in vibram. Mi sa che per oggi non mi serviranno più di tanto.
L’agente si volta verso di me con aria sarcastica.
Le facciamo risparmiare un bel po’ di strada. A piedi, intendo».
«Già», rispondo nella maniera più neutrale che mi riesce di esprimere. Non un granchè, a dire il vero.
Risparmiare le proprie forze. Convogliarle verso attività produttive. Non sprecarle in dispendio energetico personale antisociale. Le famose “Linee guida per l’ottimizzazione energetica delle attività umane” approvate dall’Unione europea nel 2029. L’Italia è stata la prima nazione ad averle prese sul serio, legiferando con insolita tempestività.
Richiudo lo sportello sotto l’occhio attento dei carabinieri. Il rombo dell’Alfa spegne definitivamente ogni gradevole sonorità esterna della natura ottobrina.In me, accende invece un moto di rabbia. Verso di me che mi sono fatto beccare così ingenuamente. E verso l’articolo 37.
( testo e foto di Raffaele Basile – tutti i diritti riservati).