Cacciatore sentieri

CACCIATORE DI SENTIERI


Si, penso che potrei chiamarlo proprio così il mio mestiere: cacciatore di sentieri!
E cosa faccio? Cerco e trovo, unisco e collego una rete di sentieri, strade, tratturi, mulattiere più o meno battuti tra loro, e la faccio vivere attraverso i passi miei e delle persone che accompagno.
“Farcisco” il tutto di incontri, di storie e di ricordi che ci possiamo portare dietro o lasciare li, a futura memoria di chi passerà.
Sono ormai 15 anni che faccio la guida escursionistica ambientale e ho iniziato a “cacciare” i primi sentieri nella mia amata Toscana, una terra già predisposta a questo, con tante strade, percorsi, mulattiere e tanta storie e leggende, quasi per ognuna dei poggi, dei suoi botri e dei suoi borghi..
Poi, non soddisfatto di quello che era sotto casa, mi sono spinto sempre un po’ più lontano e ho conosciuto la Grecia, la Turchia, la Spagna, un po’ per volta i Balcani e il resto del bacino del Mediterraneo.
Ma come s’inizia a cacciare un sentiero, un percorso?
Ci sono vari spunti, ma spesso è un’intuizione che viene da aver letto qualche descrizione di un luogo particolare in una guida – bastano parole come sconosciuto, remoto, difficile, rurale, arcaico per far balenare una scintilla in testa – oppure dopo aver letto un libro di viaggio con la voglia di ricalcare quello che l’autore ha percorso, magari mezzo secolo prima.
E’ così che un giorno sono partito, mi sono imbarcato su un traghetto per Patrasso e, sono andato a ripercorrere le pietraie del Taigeto e del Mani cercando di ripercorrere i sentieri descritti da Patrick Leigh Ferrmor, uno dei miei scrittori preferiti di viaggio. Furono giorni di avventura perfetta tra canyon e paesi dimenticati, rovine di castelli e chiesette bizantine fino al trionfale epilogo di una dedica sul libro dell’autore stesso, all’epoca novantenne, ma ancora arzillo, fatta sorseggiando un caffè nella sua fantastica casetta in una baia di Kardamili.
Oppure come quella volta che io e il mio amico Giuseppe siamo partiti da Aleppo seguendo i tratturi che ci facevano scoprire ad una a una le “città morte”, abbandonate nel IV secolo dopo Cristo e ancora quasi intatte, con le loro chiese, i loro frantoi. Passammo dall’ospitalità levantina alla schedatura da parte della polizia segreta, da un tè preso in un villaggio curdo all’arrivo a piedi alla consunta colonna di San Simeone stilita, inconsapevoli che da li a due settimane l’intero paese sarebbe diventato una polveriera e che quei sentieri sarebbero ritornati nuovamente nell’oblio per chissà quanto tempo e con quali sofferenze addosso.
E perché non ricordare anche il percorso tracciato con Chiara, la mia compagna, e Cimi, il nostro amico albanese, sulle montagne dell’Albania meridionale: alla ricerca di un possibilità di sviluppo turistico più sostenibile, ospitati nelle case dei pastori, tra latte fresco di capra e raki a volontà. Sono già due anni che ci ritorno con un gruppo di escursionisti e il turismo a piedi inizia a fare davvero i suoi primi passi; sono contento di aver “fiutato” i sentieri giusti!
In questi anni sono venuti a camminare con me più di mille persone e ormai sono più di 40 gli itinerari che ho “mappato” soprattutto nella mia testa e che hanno sempre qualcosa di speciale perché non mi accontento di partire e arrivare, ma di vedere, sentire e assaporare tutto quello che c’è in mezzo.
E in mezzo c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, anche perché spesso basta cambiare stagione nell’ attraversare un luogo che ti capita di vedere cose che non avevi mai visto prima; come un fiore o un lago che puoi solo vedere in determinate stagioni, o l’incontro occasionale con un pastore.
Ogni sentiero ha poi, per me, la sua vita.

La nascita: la scoperta della prima volta, fatta, spesso prima di percorrerlo davvero a piedi, di studi di mappe militari e di conferme attraverso google earth e di racconti di viaggio.L’adolescenza: fatta con la scoperta e l’arricchimento di nuovi posti da visitare, magari una chiesa nascosta, una cascata poco lontano, la sosta da un conoscente occasionale.La maturità: si torna volentieri da quello che è diventato ormai amico, dove si vedono sul terreno i segni e l’arrivo del progresso con una nuova strada dove prima c’era un pascolo o una casa in cemento al posto di una in legno.
Poi la morte:  quando qualcosa nell’armonia ricercata si spezza; viene a mancare l’amico che gestiva il caratteristico locale, il villaggio rurale viene rovinato da un nuovo albergone e l’ultimo percorso non aggiunge più niente alla somma dei ricordi e delle emozioni dei viaggi precedenti.
Molte guide si limitano a portare i loro clienti su percorsi ben segnalati e collaudati, ma io devo sempre trovare qualche altra soluzione e mi sento un po’ come un cuoco che legge sì la ricetta, ma poi improvvisa con quello che ha e aggiunge sempre una spezia speciale, ed è forse per questo che le persone continuano a venire ai miei viaggi e alcune sono stati davvero esperienze uniche e irripetibili, come il Saint Paul Trail o la seconda parte della Lycian Way.
Ne ho una quarantina in cassetto archiviati o ancora attivi, ma ogni anno mi piace aggiungerne due o tre nuovi in territori ancora poco esplorati.
Le prossime mete? Vicine: il Marocco e i paese caucasici. Lontane… ho delle idee e delle piste interessanti ma mi dovrete seguire…
ALESSANDRO VERGARI