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Archeotrekking. In cammino verso le radici della civiltà


Esiste un valore nel camminare, quello più istintivo e profondo, nascosto nel DNA umano: muoversi per vedere, scoprire, conoscere. Capire.

Seguire un istinto atavico, lontanissimo nel tempo e presente ancora nei nostri geni di primati evoluti ma sempre in cerca di un luogo nuovo, per sopravvivere. E perché no, per curiosità.

Dimostrazione di questo sono la rinascita del camminare come stile di una vita diversa che si allontana dalla routine cittadina, dall’estremizzazione moderna. Fra Suv e I-phone, fra tablet e metropolitane affollate, libri digitali e notiziari sul telefonino, si sta riscoprendo invece la lentezza e la pace del muoversi in autonomia, un viaggio che dona qualcosa come lo dona la lettura di un libro vero, dove la sensazione delle pagine sotto le dita e l’odore dell’inchiostro dia un senso tangibile e poetico a quanto l’autore ci narra.

Camminare: un modo per conoscere altri, un diverso metodo di fare le vacanze ma anche scelta di lavoro e creazione di attività, di microeconomia. Ne sono validi esempi le “viandanze” che dilagano, cammini a misura d’animo umano, viaggi lenti di contropolitica e di socializzazione, di libertà. Non un rifiuto della Civiltà e del Moderno, non un rifiuto di Politica e Democrazia. Tutt’altro. Sono invece la ricerca dei valori effettivi di queste parole, di questi grandi concetti, che spingono a queste iniziative.

Civiltà nel senso più alto. Modernizzazione nel valore assoluto e non nel senso di appiattimento culturale e massificato dal mercato di inutilità varie.

Politica e Democrazia nel senso più antico che ci deriva dalla civiltà classica ed i suoi filosofi, mai divenuti antichi però.

Non è una fuga il camminare per giorni fra luoghi e persone, no. Si tratta invece della ricerca di contatti semplici, di attribuzione di ruoli ai singoli e alle comunità. Ricerca di condivisione, scoperta dei sentimenti fra ciò che il mondo propone.

Non un andare a vuoto ma un ritornare a noi stessi e alla vita.

Così un viaggio basato sulla ricerca dell’antico ha le medesime connotazioni, pur fra mille difficoltà dovute alle variazioni portate dall’Uomo e dagli ostacoli creati dalle incompetenze degli addetti ai lavori. Mi viene di chiamarli “inadatti ai lavori” per le loro incongruenze di pensiero e di azione, per l’incredibile mancanza di voglia di scoprire e saperne di più di fronte a qualcosa di anticamente nuovo.

Effetti anche questi della “non-politica” che ha pervaso e tuttora pervade il nostro Paese, dove il merito non conta ma vale solo la tessera, la parentela o la benevolenza di un potente o di una consorteria.

E dall’antico avremmo tanto da scoprire, comprese le nostre reali e più lontane radici. Basi umane di civiltà straordinaria e di cultura altrettanto sorprendente. Scoprire (o immaginare quando la scoperta non è possibile) come il popolo Etrusco da capanne di legno, argilla e paglia, vesti di pelli conciate, tagliate e poi cucite con fibre naturali, sia passato ai villaggi composti di case con tetti di laterizio e fondamenta di pietra, indossando abiti di stoffe tessute su telai incredibilmente attuali. Come queste genti da una vita apparentemente semplice e istintiva siano andate verso regole sociali, città ordinate su canoni logici di architettura, con opere d’arte e scrittura. Tutto questo nel volgere breve di poche centinaia di anni, un attimo nel grande volgere della Storia.

Tutto a misura, tutto secondo l’animo umano, fra naturalità istintiva e desiderio di crescita morale, fra esperienza pratica di arti e mestieri e lo studio del cielo.

Percorrere un territorio seguendo tracce più o meno evidenti di una civiltà passata, cercando e immaginando, sognando ad occhi aperti talvolta, godendo della dolcezza dei paesaggi, del rigoglio del terreno, del calore del sole o il soffio del vento come i nostri avi facevano, in tutta serenità ma con l’impegno di una vita sensata e organizzata, semplice ma costruttiva; istintiva senza essere selvaggia.

In una parola: civile.

Qualcosa da riscoprire oggi, per contrapporlo al cattivo gusto e all’inciviltà maleducata ed invadente che dovunque trasuda.

Marco Parlanti “Penna Gialla”

foto r.basile
 

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